E dopo l'incursione per ottenere la foto del busto di Maria Antonietta (la regina di Francia) a Palazzo Pitti - impresa piuttosto semplice, dal momento che non è esposto in nessuna galleria - stavolta mi sono impegnato in un'azione più criminale
I frutti non eccezionali ma almeno dignitosi. Volevo le foto di alcune opere che ritraggono l'ultima granduchessa, Maria Antonietta delle Due Sicilie, site nella Galleria d'Arte Moderna.
Maria Antonietta nel 1847 ritratta da Giuseppe Bezzuoli (il più grande e famoso ritratto a figura intera, con Firenze sullo sfondo, è a pag. 3). Questo dipinto mostra un'incrongruenza nell'acconciatura della granduchessa, tipicamente riconducibile agli anni '30. A quanto pare il dipinto doveva essere destinato al fratello Ferdinando II, il Re Bomba, pertanto Maria Antonietta desiderava fargli pervenire un'immagine giovanile.
Sullo sfondo presumo vi sia Napoli. Da un'ingrandimento ho notato che la granduchessa ha le labbra socchiuse e si notano i denti (che a quanto so erano bianchi e bellissimi).
Bezzuoli era uno dei massimi artisti fiorentini del periodo (e a buon ragione aggiungo). Facendo un confronto con
questa foto della granduchessa nel suo triste declino, sono rimasto sorpreso da quanto l'orecchio sia identico nel dipinto sopra postato.
Maria Antonietta nel 1840 ritratta da Carlo Morelli. Questo dipinto fa pendant con quello di Sissi di cui si parlato
qui. Purtroppo mentre fotografavo è venuta la donnina del museo: "No foto!" e io ovviamente ho risposto in un'altra lingua
conto di tornare e di fare una foto migliore.
Dei gioielli che indossa non so nulla. Per certo so che quando il 27 aprile 1859 i Lorena lasciarono per sempre Firenze, non portarono via nulla fuorché alcuni gioielli napoletani della granduchessa, donati dal fratello per le nozze.
Busto di marmo realizzato da Ottaviano Giovannozzi. Si riscontrano gli stessi lineamenti dipinti dal Bezzuoli.
Dalle memorie di Leopoldo II:
*Leopoldo parla per la prima volta della giovane sposa: «La regina madre era arrivata con le giovani principesse. Ella prese per mano la figlia Antonietta: sul volto suo era dolcezza, intelligenza; e m'invitarono alla cena in famiglia, alla sposa vicino. L'occhio suo dolce e sagace, la fronte serena, al sorriso splendea fila delle perle elette, i capelli di splendor dorato, il collo si dilatava soave sulle spalle, il braccio, la man di non comune eleganza, ogni suo moto composto e dignitoso, parole opportune». Uff... voglio anch'io un marito
così!
*Una scena molto dolce: «In mezzo alla famiglia, ministra di temperati consigli siedeva Antonietta, la compagna della vita, che, conservata calma previdente e coraggiosa nei pericoli, costanza e serenità nelle traversie, aveva in quest'ultimo tempo molte volte della sua compagnia e della bella persona che Dio le aveva concessa, li uomini riconciliati al marito. Quella cara immagine tacendo, diceva: "Quello vorresti, in me lo hai"; e li occhi suoi dolci e lieti e le parole molcevano ferite dolorose, la purità dell'animo cancellava la trista impressione della lordura delle altrui basse passioni. Fatto calmo, nemico non rimanea a me, anzi mi giungea una fiamma di carità la quale mi facea perdonare a chiunque m'avesse offeso, e chi allora m'avesse addimandato di cosa alcuna, la mia risposta sarebbe stata solamente "amore". Ella era incinta per la decima volta; quando venia le venivan dietro i bambini. Un giorno tornava da pittore che la ritraeva per me: era in veste bianchissima, Luigi e Luisa avea per mano; questi, vedendo me che lei guardavo, guardaron lei e si baciarono insieme e baciarono ad un tempo la mamma».
Le parti più commoventi delle memorie sono quelle in cui Leopoldo parla delle morti dei figli.
*La morte di
Maria Massimiliana (1827-34): «Infermò poi l'ultima, Maria, fanciulletta di grandi speranze, e dopo molteplici vicende stanca e rifinita appoggiò il capo al cuor mio, volle esser da me posta in letto e più non si alzò. Cercò il bacio estremo e mancò il 17 maggio 1834. Chiusi i belli occhi, adorai e tacqui. Antonietta piangea con me, e rividi l'angioletta: non era cambiata, parea potesse svegliarsi».
*La morte di
Maria Teresa (1836-38): «La figlia Teresa ammalatasi, presto si aggravò, il 5 agosto morì. La madre le rialzò il capo: ricadeva; la baciò, pose il crocifisso tra le braccia, parea pregasse. Si baciò, benedisse, e pianse. E dissi: " Buona mamma! ", e lei nascose il volto. E piange Cristina e si scolora, la madre si riscote e s'inferma Ferdinando. Tifi maligni si estendevano per Livorno. La madre divide la famiglia, la conduce a Firenze».
*La morte di
Maria Anna (1840-41): «Il 6 agosto Mariannina, l'ultima figlia, che aveva compito un anno, presa da convulsione; ne sopravviene una maggiore, le membra tutte si contorcono, s'irrigidiscono: solo ad un bagno bollente generale, alle mignatte poste rinviene, ma non era più lei. Di poi le convulsioni prendono un periodo regolare di 40 e poi di 20 minuti, niente vale a interromperle. Consegnatami dalla madre, mi guardò; io potessi donar la vita mia, in lei passasse. Morte venia a cercar fra i figli infermi. La sera del 13, il rantolo, i sudori: benedissi Mariannina sul grembo materno, che cominciavano i piedini ad esser freddi; una calma ancora... una convulsione orrenda, un'altra, il respiro manca; la madre la scalda... la bacia, un gemito profondo, orrendo... Antonietta sviene... Il dolor avea vinta la povera e coraggiosa madre. Accostai le labbra per baciar la bambina, era fredda già... Antonietta tornata in sé, tornai dalla defunta, che non fosse abbandonata, e la lavai; si facea livida; recisi i capelli, le chiusi li occhi e la baciai. Era l'alba del 14 agosto. Piangeva Antonietta, e disse a me: "Potesse guarir Carolina, se andava la povera Annina!"».
*La morte di
Maria Carolina (1822-1841): «Carolina piangeva talvolta con lacrime irrimediabili. Il 1° settembre s'indebolì, le prime guazze d'autunno caddero. Imperiale non era più luogo per infermi, e la portai a Firenze; era un anno da che infermò.
Il 16 settembre crebbero le sofferenze di Carolina; ammiravo sua resignazione. Il 28 Carolina presa da un insulto, un nodo di tosse tremendo, non può riprender fiato, trema, i polsi si fanno cattivi, ella stessa chiede i sacramenti. Si era sul finire del trambusto annottato. Posi Carolina sul letto. Riavutasi un poco: "Io ti amo tanto!", disse a me; e volle fosse ripulita sua stanza per la venuta del Signore. Augusta piangeva: eran l'ultime veglie.
Il 29 Carolina mi salutò tranquilla, amorosa; disse poi: "Me lo diranno quando è tempo per morire". Estrema unzione. Nodo di tosse orrendo... "Papà caro dove sei? Zia!". Il 2 ottobre, dopo notte inquieta riposa; alla messa si sveglia, riceve la comunione, è tranquilla. Il 3 ottobre, "Papà! mi rallegro, il tuo giorno", e mi diede una tavola dipinta, l'ultimo suo lavoro. "Ero contenta di esserci ancora, per darlo a te: manca il fiore che dovea dar risalto". La presi e piansi a calde lagrime...
All'Annunziata, nelle altre chiese, tutto il popolo pregava. L'indomani Carolina disse si sentiva così vicina al Paradiso: durerà molto ancora? Nella notte avea consegnato sue volontà a Maria, discorso con lei e con Bronzuoli confessore del suo fine, avea conosciuto la malattia, e conosciuto da lungo tempo, taciuto per non affliggere; sapeva i capelli le sarebbero stati recisi. Voleva conoscere se si sentiva il morire: "Zia", disse, "coraggio per te". Altre sue disposizioni io le scrissi: le perle alle sorelline Isabella e Cristina, suoi denari metà ai poveri, messa ai preti poveri della montagna; sull'otto si aggrava. Maria disse: "Ecco papà", e Carolina: "Ci sono tutti?". Furono aperte le finestre e Carolina disse: "È giorno, che bella cosa, Dio l'ha fatto! Son pronta... Subito - domani - fra 20 giorni...".
La Della Torre disse: "Dio darà costanza, è tanto buona e paziente". E Carolina rispose: "Il ne faut pas dire ces sortes de choses, elles pourraient fare entrer des sentiments de vaine gioire d'amour propre, et d'orgueuil dans le coeur"; e si volse colle braccia e disse: "Volevo abbracciar papà". Come si serenava il giorno, così il volto di lei. "Li ringrazio tutti: signor canonico dell'assistenza; signor Punta... Spero che in giornata Gesù mi porterà via. Eccomi, eccomi: ora viene", ed ella alzava le braccia: "Ora i grandi patimenti sono finiti. Cara zia, un bacino". Ed io: "Vuoi un bacio?", e lei colle braccia aperte: "Non desidero altro"; e gliel diedi e la benedizione paterna. Bronzuoli disse: "Ha stabilito di offrire i patimenti di questa giornata per i parenti, per i benefattori?". "Altro; per il canonico, per papà. Cara zia, hai li occhi tanto abbattuti, come se avessi avuto un gran dispiacere... che bel giorno - voglio godere. Zia è finito. Or non ci vuol altro che Gesù e Maria e il confessore" - e risté... A me: "Papà ti voglio bene". A Bronzuoli: "Offra i patimenti; questi, e anche più, se vuole... Altro, altro! San Michele apri le porte, Gesù viene, la Madonna! Eccomi. Eccomi! Tutto splendente, mi pare un momento. Papà chi mi accomoda per l'agonia? Vien subito: Augusta, Augusta, Augusta!". E seguitò con le labbra le parole del confessore. Il polso erasi fatto rado, la man gelata. Toccò colla mano il petto, poi la trachea, appoggiò il capo, pallor si diffuse.
E fur dette le preci, la baciai in fronte, chiusi i belli occhi.
Tutti piangevano quando Carolina fu posta a San Lorenzo accanto alla cara madre, tutti sapevano le ultime sue parole. Io stesso disposi per la funzione sacra in Santa Felicita. Corone di bianche rose frammiste ai funebri panni, e di gigli il serto sul feretro. Le iscrizioni dicevano le sue virtù! Al Sanctus melodia celeste si diffuse e parvemi sentire voce nota che laudava Dio».
*La morte di
Ranieri (1842-44): «Al figlio Ranieri, robusto, comparse macchie scure sotto li occhi, indizio funesto. Antonietta lo condusse a Cafaggiolo, all'aria pura di Mugello; non camminava più, mangiava appena. La mamma, vedendo il figlio aggravarsi, farsi livido, si fa core, presente il medico si risolse a dargli cibo per forza. Il bambino chiede baciar l'imagine dell'Annunziata, questa si pone a lui davanti. La mamma prende un momento quieto, bianca, tremante gli getta giù il cibo violentemente, ci si rià; incoraggita, tenta ancora: inalza le mani in atto di preghiera e gli dà un bacio a confortarlo. Parea natura colle ultime forze ricercasse del cibo.
Ranieri si era sollevato.
Ma il 13 agosto, colle mani giunte, colle braccia stese, invocava la madre [e] chiedeva soccorso, la morte venia. E la madre nobile e bella nel dolore, cospersa di pianto, lo baciava accesa d'amore sulla bocca, come volesse infonder la vita che gli aveva data. La voce del bambino s'infievolì, mutò aspetto..., si fece immobile, pallor si diffuse... "è morto!", disse la mamma, e si gettò su lui e lo bagnò di pianto, e con ambo le mani gli coperse gli occhi e li chiuse, e gli chiuse la bocca. Lo baciai, era caldo ancora. La mamma cadde svenuta. "Caro", esclamò sul collo a me, e tutti e due piangemmo.
Battevano le 6 pomeridiane del 14, il sole si nascondeva dietro i monti, turbine si addensava. Rividi Ranieri: il segno del cristiano posavali accanto; gli diedi l'ultimo bacio e l'ultima benedizione avanti il triste viaggio del sepolcro».
*La morte di
Maria Cristina (1838-49): «Appena tornati, la figlia Cristina infermata di tifo; sulla fine dell'agosto venne nelli estremi pericoli, la tenera madre la preparò alla prima comunione, ella era contenta. Cristina volea dar alla madre ciocca de' suoi capelli, e disse: "Li prenda ora, sono suoi, le saranno ricordo caro, li tenga tessuti o inanellati, poi in quei momenti non si ha più tempo". Il 31 agosto disse alla madre: "Mi dia un bacio", e gliel diede: "Mi dia la sua benedizione, questa sera non la vedo più!". Volle me. "Papà caro, mi vuol bene?". Mi abbracciò il capo. Venuta fra vita e morte, percorse a me il volto colla mano, io la baciai. "Mamma", disse, "grazie quanto ha fatto per me". Inchinava il giorno. Finiti i patimenti, tranquilla e ridendo si compose alla quiete del Paradiso. Il governare s'era fatto difficile».
Forse sarò io troppo sentimentale, ma queste righe mi fanno piangere...