Mafalda di Savoia (Roma, 19 novembre 1902 - Buchenwald, 28 agosto 1944) era la secondogenita del Re d'Italia Vittorio Emanuele III e della Regina Elena di Savoia.
Mafalda Maria Elisabetta Anna Romana, Muti il suo soprannome, di indole docile ed obbediente, ereditò dalla madre Elena il senso della famiglia, i valori umani, la passione per la musica e per l'arte.
Trascorse la sua infanzia nell'ambiente familiare accanto alla madre ed alle sorelle Giovanna e Jolanda ; le vacanze si svolgevano a Sant'Anna di Valdieri, a Racconigi e a San Rossore con la partecipazione di tutta la famiglia.
Durante la prima guerra mondiale, con le sorelle, seguì la mamma nelle sue frequenti visite ai soldati ed agli ospedali, coinvolta nelle attività materne di conforto e cura alle truppe.
Si sposò a Racconigi, il 23 settembre 1925, con il tenente dell'esercito prussiano landgravio Filippo d'Assia (Schloß Rumpenheim, Germania, 6 novembre 1896 - Roma, 25 ottobre 1980).
Come dono di nozze ebbero un piccolo casale romano, situato tra i Parioli e la villa Savoia, a cui gli sposi dettero il nome di Villa Polissena, in memoria della principessa Polissena Cristina d'Assia-Rotenburg, seconda moglie di Carlo Emanuele III di Savoia.
Dal matrimonio ebbe quattro figli:
Maurizio d'Assia (Racconigi, 6 agosto 1926), il quale sposò nel 1964 la Principessa tedesca Tatjana di Sayn-Wittgenstein-Berleburg, da cui divorziò nel 1974;
Enrico d'Assia (Roma, 30 ottobre 1927 - Langen, 18 novembre 1999);
Ottone d'Assia (Roma, 3 giugno 1937 - Hannover, 3 gennaio 1998), il quale sposò nel 1965 Angela von Doering, dalla quale divorziò nel 1969; seconde nozze nel 1988 con la cecoslovacca Elisabeth Bönker, da cui divorziò nel 1994.
Elisabeth Margarethe Elena Johanna Maria Jolanda Polyxene (Roma, 8 ottobre 1940), la quale sposò nel 1962 Friedrich Karl Gf von Oppersdorff (1925-1985).
Fu il periodo dell'ascesa in Italia del fascismo, visto da Mafalda non senza simpatia. Per la nascita dei suoi figli, Hitler le conferì la croce al merito (come a tutte le mamme di numerosa prole). Pur non riconoscendo alcun titolo nobiliare, il partito nazista assegnò al marito Landgravio Philipp von Hesse un grado nelle SS e vari incarichi.
Nel settembre del 1943. con la firma dell'armistizio con gli alleati, i tedeschi organizzarono il disarmo delle truppe italiane. Badoglio e il re fuggirono al Sud, ma Mafalda, partita per Sofia per assistere la sorella Giovanna, il cui marito Boris III era in fin di vita, non fu messa al corrente dei pericoli, forse per paura che informasse il Landgravio agli ordini del Führer. Seppe quindi dell'armistizio mentre era in Romania. Ne venne informata nel suo viaggio di ritorno, alla stazione ferroviaria di Sinaia, in piena notte, dalla Regina Madre Elena di Romania, che aveva fatto fermare appositamente il treno e aveva tentato di farla desistere dal rientro in Italia. Consiglio che Mafalda decise di non seguire.
Dopo i funerali del cognato Boris III, la principessa Mafalda decise di rientrare a Roma per congiungersi con i figli e la famiglia, incurante dei rischi: benché fosse figlia del Re d'Italia, e legatissima alla sua famiglia di origine, era anche e soprattutto cittadina tedesca, principessa tedesca, moglie di un ufficiale tedesco, quindi sicura che i tedeschi l'avrebbero rispettata.
Con mezzi di fortuna, il 22 settembre 1943 riuscì a raggiungere Roma e fece appena in tempo a rivedere i figli, custoditi in Vaticano da Mons. Montini (il futuro Papa Paolo VI).
Il 23 mattina, all'improvviso, venne chiamata al comando tedesco con urgenza, per l'arrivo di una telefonata del marito da Kassel in Germania. Un tranello: in realtà il marito era già nel campo di concentramento di Flossenbürg [1]. Mafalda venne subito arrestata e imbarcata su un aereo con destinazione Monaco di Baviera, fu trasferita poi a Berlino ed infine deportata nel Lager di Buchenwald, dove venne rinchiusa nella baracca n. 15 sotto falso nome (Frau von Weber).
Le venne fatto divieto di rivelare la propria identità (per scherno i nazisti la chiamano Frau Abeba). Nel campo di concentramento le viene riconosciuto un particolare riguardo: occupa una baracca ai margini del campo insieme ad un ex-ministro socialdemocratico e sua moglie; ha lo stesso vitto degli ufficiali delle SS, molto più abbondante e di migliore qualità rispetto agli altri internati. Le viene assegnata come badante la sig.ra Maria Ruhnan; questa fu una figura molto importante per la principessa, la quale in punto di morte chiese che il suo orologio le fosse regalato come segno di riconoscenza. Il regime, pur privilegiato rispetto a quello di altri prigionieri è, comunque, duro: la dura vita del campo il freddo invernale intenso la provarono molto. Malgrado il tentativo di segretezza attuato dai nazisti la notizia che la figlia del Re d'Italia si trova a Buchenwald si diffuse.
Dalle testimonianze si apprende che i prigionieri italiani avevano sentito dire di una principessa italiana reclusa e che un medico italiano lì rinchiuso le ha prestato soccorso. Si sa anche che mangiava pochissimo e che quando poteva faceva in modo che quel poco che le arrivava in più fosse distribuito a chi aveva più bisogno di lei.[citazione necessaria].
Nell'agosto del 1944 gli anglo-americani bombardarono il Lager; la baracca in cui era prigioniera la principessa fu distrutta. La principessa riportò gravi ustioni e contusioni varie su tutto il corpo. Fu ricoverata nell'infermeria della casa di tolleranza dei tedeschi del lager, ma senza cure le sue condizioni peggiorarono. Dopo quattro giorni di tormenti, a causa delle piaghe insorse la cancrena e le fu amputato un braccio. L'operazione è di una lunghissima, sconcertante durata. Ancora addormentata, Mafalda viene riportata nel postribolo e quivi lasciata senza ulteriori cure. La mattina è morta dissanguata senza aver ripreso conoscenza. Spirò il giorno successivo, 28 agosto 1944. L'opinione del dottor Fausto Pecorari, radiologo internato a Buchenwald, è che Mafalda sia stata intenzionalmente operata in ritardo e con procedura, in sé impeccabile, ma assolutamente ingiustificabile, per provocarne la morte. Il metodo delle operazioni esageratamente lunghe era già stato applicato a Buchenwald, ed eseguito sempre dalle SS su altre personalità di cui si desiderava sbarazzarsi.
Il suo corpo, grazie al prete boemo del campo, padre Tyl, non venne cremato, ma messo in una bara di legno e seppellito in una fossa comune. Solo un numero: 262 eine unbekannte Frau (donna sconosciuta). Trascorsi alcuni mesi, sette italiani, già appartenenti alla regia marina e rinchiusi come lei nei campi di concentramento nazisti, non appena liberi seppero trovare fra mille la sua tomba anonima e si tassarono per apporvi una lapide identificativa.
La principessa Mafalda riposa oggi nel piccolo cimitero degli Assia nel castello di Kronberg in Taunus a Francoforte-Höchst, frazione di Francoforte sul Meno.
Nel 2005 è stata girata e prodotta una fiction televisiva in due puntate sulla vita della Principessa Mafalda. La fiction è stata liberamente tratta dalla biografia storica di Cristina Siccardi (Paoline Editoriale Libri, Milano, 1999 - Fabbri Editori-RCS Libri, Collana "LE GRANDI BIOGRAFIE", Milano, 2000)
La produzione si è avvalsa della consulenza storica di Maria Gabriella di Savoia, per ricostruire al meglio gli scenari e le atmosfere dell'epoca.
Mafalda di Savoia è stata interpretata da Stefania Rocca.