L'Ottocento di Sissi e Ludwig II

La Successione Lorenese in Toscana

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il geggi
view post Posted on 26/10/2009, 20:14




Il dì 9 Luglio 1737 spirò a Firenze,S.A.R. Giovan Gastone dei Medici settimo GranDuca di Toscana.Non lasciando alcuna discendenza,la successione al trono toscano spettò al Duca di Lorena,Francesco III.
Su quali diritti poggiava questa successione?
Per riuscire a farsi un'idea dei meccanismi che portarono la Dinastia Lorenese a regnare in Toscana per centoventidueanni,meccanismi per certi versi complicati e per altri estremamenti semplici,occore partire da lontano, dalla quella che fu la genesi del GranDucato di Toscana ovvero di come i Medici,da Signori divennero Monarchi.Vicessitudini che partendo dal 1530,passando dal 1737,arrivano fino al 1860 influenzando 300 anni di storia toscana.Proprio per questo sarà bene,per giudicare tali fatti,tenere presente ciò che erano gli elementi di diritto pubblico e privato vigenti in quelle epoche perchè,per dirla come Montesquieu: <<...essere feconda sorgente d'errori il trasportare ad un altro secolo le idee di quello nel quale si vive>>.

Diamo un'occhiata alla cartina geo-politica della Toscana quando,il 19 Novembre 1523 venne eletto Papa il Cardinale Giulio de' Medici,Signore di Firenze,che assunse il nome di Clemente VII.
La Signoria di Firenze ed il suo Dominio comprendevano,grosso modo,le attuali Province di Firenze,Prato,Pistoia,Arezzo,Pisa,Livorno più la Lunigiana,la Garfagnana,la Città di Pietrasanta con la Versilia e,ad est,la Romagna Toscana,ovvero quei territori oltre-appenninici che arrivavano fin quasi a Forlì,oggi compresi in quella Provincia,tra i quali :Premilcuore,Santa Sofia,Portico di Romagna,Rocca San Casciano e Castrocaro.
La Repubblica di Siena,con le attuali Province di Siena e di Grosseto.
Infine,la Repubblica di Lucca.
Giulio de' Medici era il figlio illegittimo di quel Giuliano,fratello del Magnifico Lorenzo,che cadde sotto i pugnali della congiura dei Pazzi,in Santa Maria del Fiore.
Fino al momento della sua elezione al Soglio Pontificio,il suo governo era stato abbastanza moderato ed improntato ad una certa austerità,di modo che,in alcune frange di coloro che speculavano sulle spese governative,questo fatto provocò del risentimento.Anche dal punto di vista politico il suo atteggiamento fu meno opprimente di quello dei suoi predecessori,in modo tale che avrebbe voluto mettere mano ad una riforma dello Stato per venire incontro alle richieste che gli venivano inoltrate.
Con la morte di Adriano VI,si aprì un lungo conclave che durò cinquanta giorni e vide l'elezione di Giulio,col nome di Clemente VII.
In quel periodo deflagrava il conflitto tra Francesco I di Valois e Carlo V d'Asburgo,ovvero tra la Francia e la Spagna/Impero.Anche la Penisola Italiana fu uno dei teatri di quella guerra.
Assunto il governo di Roma,Clemente VII lasciava a Firenze come vice-re il Cardinale Silvio Passerini,e mise sotto la tutela di questi i due giovani rampolli medicei Alessandro ed Ippolito.
Il primo era ufficialmente il figlio illegittimo di Lorenzo Duca d'Urbino,ma in realtà era un bastardo dello stesso Clemente VII;Ippolito anch'egli bastardo,ma di Giuliano Duca di Nemours.Nei progetti del Papa,ad Alessandro sarebbe spettato il dominio di Firenze e ad Ippolito un Cappello Cardinalizio:cose che si verificheranno puntualmente.
Francesco I e Carlo V cercavano di portare il Papa dalla propria parte e questi adottò,o si trovò costretto ad adottare,una tattica fatta di tentennamenti,fino a che l'Imperatore,dopo la vittoria di Pavia e l'ennesimo voltafaccia di Clemente VII,inviò al Conestabile di Borbone,che già stava combattendo in Lombardia,un corpo composto da circa quindicimila Lanzichenecchi,con l'obiettivo di prendere Roma.Detto corpo era composto da borghesi e piccoli feudatari,luterani fanatici che avevano in profondo odio il Papa.Il cammino verso Roma di questo corpo era molestato dalle rapide incursioni di truppe mercenarie,composte da italiani,sotto il comando di Giovanni de' Medici "dalle Bande Nere".Nella pugna di Borgoforte,presso Mantova,il condottiero venne ferito mortalmente da un colpo di falconetto.
A questo punto la strada per Roma era sgombra.Giunsero sotto le mura della Città Eterna il 4 Maggio 1527,trovata poca resistenza l'orda traboccò in città,il Papa asserragliato in Castel Sant'Angelo,Benvenuto Cellini dirigeva le operazioni di difesa.Durante il sacco,che durò più giorni, furono trucidate circa settemila persone e non cessò finchè il Papa non si dichiarò prigioniero degli Imperiali e dovette sborsare una somma ingente.
A seguito di tutto questo,in Firenze,il partito anti-mediceo prese il sopravvento perchè un'occasione del genere non sarebbe ricapitata:il potere dei Medici era minato dalle fondamenta.
La città era in tumulto e Niccolò Capponi e Filippo Strozzi pregarono il Cardinale Passerini di non opporre resistenza ed abbandonare Firenze insieme ai due giovani Alessandro ed Ippolito.
Decisamente meno diplomatica fù la moglie dello Strozzi,Clarice de'Medici sorella di Lorenzo Duca d'Urbino,che nutriva un odio profondo contro gli illegittimi di Casa Medici a cominciare dal Papa stesso.Questa si recò nel Palazzo Medici di Via Larga ed affrontò a muso duro i due bastardi e con un motto pittoresco e mordace li invitò ad andarsene <<...ché il Palazzo Medici non era una stalla da muli...>>.
Il 16 Maggio 1527 il Cardinale Passerini con Alessandro ed Ippolito de' Medici,lasciavano Firenze.
La rinata Repubblica stringeva immediata alleanza con la Francia ma la situazione era in continua evoluzione.
Il Papa e l'Imperatore si riappacificarono.Nel Trattato di Barcellona,sottoscritto il 29 Giugno 1529,si stabiliva che Clemente VII e Carlo V dovevano cooperare a reintegrare i Medici in Firenze collo stesso grado di quando erano stati allontanati,l'alleanza sarebbe stata suggellata dal matrimonio tra Alessandro de'Medici e Margherita d'Austria,figlia naturale dell'Imperatore.
Anche Francesco I era stanco della guerra e sottoscrisse la pace di Cambray,il 5 Agosto 1529.
A questo punto Firenze era sola e molti credettero alle parole di Francesco I che assicurava che non avrebbe permesso che Firenze cadesse nelle mani di Carlo V.Che cosa avrebbe fatto il Re di Francia?Avrebbe ripreso la guerra contro Carlo V per Firenze,dopo che aveva rinunciato ai suoi diritti sul Ducato di Milano e sul Regno di Napoli?
Un'ambasceria fiorentina si recò a Genova per incontrare l'Imperatore,ma il destino di Firenze era ormai segnato.Carlo V dette il comando dell'esercito al Principe d'Orange.
Per quanto riguarda il Papa bisogna dire che certamente voleva che la sua Casa tornasse al governo di Firenze,ma si adoprò sempre che a questa fosse risparmiato il "sacco",tanto che,all'ambasciatore fiorentino Pierfrancesco Portinari,disse di prendere i provvedimenti necessari a fronteggiare il primo assalto dei nemici ed inviò un proprio ambasciatore presso l'Orange,che si trovava nel Valdarno superiore,col probabile proposito di rallentare la marcia di questi verso Firenze e far guadagnare del tempo agli assediati.

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il geggi
view post Posted on 28/10/2009, 16:26




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<< Madama Fiorenza apparecchia i tuoi broccati,ché noi veniamo a comprarli a misura di picche!>>.
Questo era il grido che i soldati imperiali intonarono quando,nell'Ottobre del 1529,iniziarono a stringere d'assedio Firenze,pregustando il saccheggio di una delle città,al quel tempo,più ricche del mondo.
La Repubblica affidò il comando militare supremo a Malatesta Baglioni,dal quale dipendeva Stefano Colonna comandante della Milizia.
Baglioni era Signore di Perugia che,dopo essere stata assalita dalle truppe dell'Orange,aveva dovuto lasciare in mano al Papa.
Ecco che,la scelta di un comandante che aveva i suoi possedimenti in mano al nemico che doveva combattere,parve indirizzare sin da subito verso una strategia non votata ad una lotta all'ultimo sangue ma,piuttosto,orientata verso la ricerca di un accordo onorevole di resa.Naturalmente in Firenze vi era anche chi voleva portare la lotta fino all'estremo:questi erano gli appartenenti al partito savonaroliano dei "Piagnoni" e quelli aderenti agli "Arrabbiati";mistici i primi,giovani aristocratici bellicosi i secondi.
Dovette apparire chiaro sin da subito a Malatesta Baglioni,esperto condottiero,che la lotta fosse disperata.Anche in tutta Italia l'opinione generale era che non vi fosse speranza anche perché,come già detto,Firenze era sola.Alcuni fiorentini continuavano a pascersi con le promesse e lusinghe del Re di Francia,addirittura in Firenze si festeggiò il rilascio dei figli di Francesco I,che erano in ostaggio dell'Imperatore.Venne eletto "Re della Repubblica di Firenze",Gesù Cristo,in modo che nessun altro avesse da sedersi su quel trono.
La realtà era che le truppe assedianti aumentavano costantemente:da quindicimila si giunse ad oltre quarantamila.
Alla difesa della città vi erano circa ottomila fanti mercenari,in maggioranza provenienti dalle "Bande Nere",e cinquemila uomini della milizia cittadina,dai diciotto ai cinquanta anni.Commissario generale delle fortificazioni fu eletto Michelangiolo Buonarroti che,fatti demolire i sobborghi,ville e chiese che potevano dare riparo ai nemici,fece posizionare,tra gli altri provvedimenti,un cannone sul campanile della Chiesa di S.Miniato che, grazie alla posizione strategica ed all'abilità di un cannoniere detto "Lupo",arrecava grandi danni al campo degli imperiali.Questi dal canto loro cercarono di abbattere questa postazione,peraltro bene in vista.Non avevano fatto i conti col genio di Michelangiolo che,come contromossa,fece "foderare" tutto il campanile con delle grosse balle di lana,fornite dall'Arte della Lana.
La strategia dei fiorentini consisteva nell'effettuare alcune sortite per molestare gli imperiali,si accendevano delle scaramucce che andavano spesso a favore degli assediati,ma la situazione non cambiava.
La guerra però,si combatteva non solo a Firenze,ma anche in tutto il Dominio Fiorentino.Furono perdute Lastra a Signa,Prato e Pistoia.
Compare,a questo punto,sulla scena un cittadino fiorentino,nato in Borgo S.Spirito,di antica famiglia ma di modesta condizione:il quarantenne Francesco Ferrucci.Questi venne eletto Commissario ad Empoli,snodo chiave per i contatti tra Firenze e Pisa,per l'approvvigionamento della città.Compì brillanti azioni riconquistando Castelfiorentino e S.Miniato.
Oltre alle azioni militari,tra i più saggi fiorentini,si cercò anche di ricorrere alla diplomazia,inviando,dopo aspri scontri,un'ambasceria al Papa ed all'Imperatore:il primo non volle nemmeno sentir parlare di governo popolare (che definì "una tirannia di pochi nei confronti dei molti"),il secondo non volle ricevere gli ambasciatori della Repubblica.
Dopo dieci mesi di assedio la città era allo stremo,alla fame si era aggiunta la peste.Il Ferruccio,con audaci azioni riusciva a far pervenire rifornimenti e ad arrecare qualche danno ai nemici,ma non poteva risolvere la situazione.Baglioni,dal canto suo,cercava di guadagnare tempo perché anche al Papa quella guerra costava molti denari e la speranza del comandante perugino era quella di poter spuntare condizioni di resa vantaggiose,ma nulla più.Perduta Empoli per tradimento,la situazione era insostenibile ed il Ferruccio si ritirò a Pisa.Da qui si mosse per portare l'ultimo,disperato soccorso a Firenze,con un piccolo ma ben armato esercito,composto da tremila fanti e quattrocento cavalieri.L'Orange,venuto a conoscenza di questa azione,gli si mosse incontro con forze che erano il doppio di quelle del Ferruccio,il quale era tallonato dalle truppe di Fabrizio Maramaldo che,su ordine dell'Orange,si era mosso da San Gimigniano.
A questo punto ci si sarebbe aspettata una sortita del Baglioni contro il campo imperiale,rimasto in parte scoperto dalla partenza delle suddette truppe,oppure tallonare queste per cercare di ricongiungersi col Ferruccio.
Baglioni rimase dentro le mura cittadine,cercando anche,sembra,un accordo coi nemici,senza avere l'autorizzazione dalla Signoria.
Questa azione,o non-azione,gli è valsa in seguito l'accusa di tradimento,da parte di molti storici.
Personalmente credo,come alcuni storici contemporanei,che il comportamento del Baglioni,sia da valutare in maniera diversa.
Come già detto le speranze che il comandante perugino riponeva nella vittoria erano scarse,per non dire nulle.Lui stesso ben sapeva,al pari del suo "contendente" il Principe d'Orange,quali erano gli "ordini" di Clemente VII : niente sacco di Firenze.Una sortita in forze,in quella occasione,sarebbe stata estremamente rischiosa:in caso di disfatta delle armi fiorentine,cosa onestamente prevedibile,cosa avrebbe potuto contenere i mercenari imperiali dal sacco?Teniamo anche conto che l'assenza dal campo del loro comandante,il Principe d'Orange,avrebbe di fatto lasciato la truppa senza controllo,davanti al miraggio di un lauto saccheggio.Diritto di sacco che,è bene ricordarlo,rientrava in quelle che oggi chiameremo "regole d'ingaggio",una sorta di "premio partita",per usare un termine sportivo,di cui avevano pieno diritto i mercenari.
Il 3 Agosto 1530,a Gavinana,nel Pistoiese,le truppe del Ferruccio si scontrarono con quelle dell'Orange.L'impeto dei Fiorentini colse di sorpresa gli Imperiali che sbandarono paurosamente,il Principe d'Orange cadde colpito da due archibusate,alcuni storici sostengono che il Ferruccio sfiorasse una clamorosa vittoria;tra l'altro l'esercito fiorentino,a causa di un violento nubifragio che lo colse sulla strada da Pisa,non poté usare delle micidiali armi che potrebbero essere considerati degli odierni lanciafiamme.
Grazie al numero ed alla esperienza gli Imperiali si ricompattarano,lo scontro si sciolse in mille zuffe tra le strade di Gavinana.L'arrivo sul teatro di battaglia delle truppe del Maramaldo,segnò l'esito dello scontro.Il Ferruccio,sì gravemente ferito da non reggersi in piedi,si fece legare ad una seggiola e guidò l'ultima carica dei suoi.Fatto prigione,fu portato al cospetto di Fabrizio Maramaldo il quale lo finì pugnalandolo alla gola. << Vile,tu' dai a un uomo morto!>>,furono le ultime parole di Francesco Ferrucci.
L'odio di Maramaldo nei confronti del Ferruccio sembra che ebbe origine, durante l'assedio di Volterra,di pochi mesi prima.Maramaldo aveva inviato un ambasciatore per intimare la resa,il Ferruccio lo respinse intimandolo a non si ripresentare perché lo avrebbe fatto impiccare.Sembra in effetti che il suddetto ambasciatore avesse anche l'incarico a fomentare la rivolta e favorire il tradimento per la presa di Volterra.Maramaldo spedì ancora una volta l'ambasciatore a chiedere la resa e il Ferruccio mantenne la sua parola,andando però,occorre dirlo,contro le regole della guerra.
Il 4 Agosto giunse a Firenze la notizia della sconfitta a Gavinana,gettandola nello sgomento.I "Piagnoni" volevano seguitare a resistere confidando negli angeli che il Savonarola avrebbe mandato a salvare la città,la Signoria invitava il Baglioni alla "sortita generale" ma questi si rifiutò in quanto avrebbe esposto Firenze al saccheggio e lui era venuto per difenderla e non per distruggerla,come disse.
Filo-Medicei e comunque molti popolani,stanchi delle privazioni della guerra,si assembrarono in Piazza Santo Spirito:vi era il rischio di una guerra civile.Il Baglioni,rompendo gli un indugi, fece voltare le artiglierie contro la Signoria,il Consiglio gli ridette il comando e nominò quattro ambasciatori per recarsi al campo degli imperiali per trattare la resa.
Molto si è parlato dell'assedio di Firenze e dell'eroico Francesco Ferrucci,ma spesso,se non a sproposito,in maniera distorta.In epoca risorgimentale e nel periodo fascista,si volle dare un significato "nazionalistico" a questi eventi:la resistenza delle armi italiane all'invasione straniera.
A mio modesto parere si trattò di un accadimento inserito in un determinato contesto storico,che vedeva Carlo V e Francesco I scontrarsi per il dominio d'Europa,il Papa già Signore di Firenze voleva essere reintegrato nei suoi domini,che la fazione anti-Medicea gli aveva sottratti e per questo si rivolse ad un sovrano "straniero":Carlo V d'Asburgo.Firenze,dal canto suo,poteva sperare aiuto soltanto da un altro sovrano "straniero":Francesco I di Valois.

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-enry1973
view post Posted on 28/10/2009, 23:16




Ottimo approfondimento. Conferma quanto sostenevo in passato in altre discussioni: politica, politica, politica... niente nobiltà elevata al sacro rango di custode di valori e tradizioni.
 
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view post Posted on 10/11/2009, 15:04
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imperatore

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Riporto gli articoli apparsi oggi sul Corriere, in occasione della rassegna «Firenze 1829. Arte, scienza, società», imperniata su quattro mostre che celebreranno la Toscana dell'Ottocento, dall'8 novembre 2009 al 9 maggio 2010.

Firenze 1829. Arte, scienza e società
Palazzo Medici Riccardi
In un percorso di nove sezioni la mostra illustra, attraverso dipinti, sculture, disegni, suppellettili e strumenti scientifici provenienti da musei e istituti italiani e da raccolte private, la situazione urbanistica della Firenze pre-risorgimentale.

La Fisica a Firenze nell’800. Macchine e modelli da utilizzare
Museo di Storia della Scienza e Museo Galileo.
La mostra ripercorre lo sviluppo delle discipline fisiche nell’Imperial Regio Museo di Fisica e Storia Naturale tra 1829 e 1859.

La Tribuna di Galileo e la Specola fiorentina
Museo di Storia Naturale - Sez. zoologica La Specola
Vuole essere un omaggio alle celebrazioni galileiane e agli allestimenti del museo lorenese di fisica e storia naturale.

La didattica delle scienze nell’800
Fondazione Scienza e Tecnica - Gabinetto di Fisica
Erede delle collezioni didattiche del lorenese Istituto Tecnico Toscano, l’esposizione mostrerà le macchine e le attrezzature delle collezioni lorenesi per l’insegnamento delle scienze, oltre alle ricchissime attrezzature per la didattica conservate nel Gabinetto .




I CERVELLONI DEL GRANDUCA
Il periodo d’oro dell’Ottocento toscano, che vide fiorire l’innovazione scientifica, rivive in quattro mostre ricche di sorprese.

Un ritratto di famiglia sullo sfondo di un parco meraviglioso, le Cascine Medicee. La scena idilliaca vede moglie, figli e figlie, composti attorno a un padre nobile e impegnato, tanto serio da non alzare gli occhi dalle carte anche se assediato da dolci affetti.
Il marchese Vincenzo Antinori, il gentiluomo, non si distrae. È parte integrante del gruppo di cervelli che sta trasformando la Toscana in un motore di rinnovamento: Cosimo Ridolfi, Gino Capponi, Pietro Vieusseux, Niccolò Tommaseo e altri metteranno a confronto il rispettivo impegno, in stretto rapporto con Leopoldo II di Lorena, monarca liberale e attento.
Ha fatto bene la storica Silvestra Bietoletti a scegliere il quadro di Giuseppe Bezzuoli per caratterizzare la mostra capofila della rassegna «Firenze 1829. Arte, scienza, società» che per tutta la stagione invernale aprirà al pubblico i luoghi simbolo della rivoluzione culturale affrontata dalla Toscana nel periodo post-napoleonico precedente l’Unità d’Italia.
A Palazzo Medici Riccardi, assieme alle belle pitture capaci di illustrare ambienti e personaggi, compaiono arredi e decorazioni che si richiamano allo spirito scientifico dell’epoca e un sorprendente campionario di invenzioni ottocentesche che anticipano il futuro. Ma ci sono altri luoghi molto suggestivi: il Museo di Storia Naturale, detto «La Specola», restaurato dopo una lunga attesa; il Museo di storia della Scienza e il Gabinetto di fisica della Fondazione Scienza e tecnica.
In Oltrarno, vicino a Palazzo Pitti, «La Specola» offre l’incontro con la Tribuna costruita, al tempo di Leopoldo, per rendere omaggio a Galileo e ricordarne la vita: una statua e molti affreschi rievocano le sue travagliate vicende. Nelle vetrine, invece, sono collocati numerosi reperti naturalistici che rievocano le sorprendenti intuizioni del periodo nei campi della botanica e dell’anatomia. Tre antichi telescopi, poi, aiutano il visitatore ad assaporare le emozioni degli astronomi del passato.
Ecco infine l’Ottocento che ci meraviglia. Il ricco Museo di storia della scienza, sul Lungarno dietro gli Uffizi, per trent’anni fu diretto e rinnovato, appunto, da quel Vincenzo Antinori ritratto e celebrato nel quadro che — come si è detto — apre la mostra centrale della rassegna. Qui troviamo una panoramica di macchine elettrostatiche, pompe, modelli meccanici, ma anche bobine, batterie, camere oscure, microscopi, insomma un campionario di «diavolerie» ottocentesche sulle quali i visitatori, ben assistiti, possono perfino mettere alla prova le proprie abilità.
La manifestazione può naturalmente offrire lo spunto per visite e soste in varie parti della città. Ma la mostra di Palazzo Medici Riccardi rimane la guida migliore per capire lo slancio di una regione governata e amministrata con onesta lungimiranza.


Wanda Lattes
09 novembre 2009


ARTE, RICERCA E BELLEZZA.
Quell’officina di futuro chiamata Toscana felix

Formidabili quegli anni. E atipici, pure. In quell’espressione geografica che è l’Italia, spazzata dal vento gelido della Restaurazione dopo il bagno di sangue dei moti del 1820 e del 1821, c’è una regione felice.
È la Toscana felix del genio di Antonio Meucci, l’ideatore sfortunato del telefono, di Cosimo Ridolfi, innovatore tecnologico e fondatore della Cassa di Risparmio di Firenze, di Lorenzo Turchini, inventore della telescrivente, di Giovan Battista Amici, progettista di telescopi e microscopi, del chimico Giuseppe Gazzeri, del botanico esploratore Giuseppe Raddi e di Felice Matteucci, il progettista del prototipo del primo motore a scoppio. È la Toscana del gabinetto cultural scientifico Vieusseux (fondato nel 1819) della Nuova Antologia, del nuovo impulso scientifico dell’Accademia dei Georgofili e degli studi «straordinari» dell’Accademia della Crusca. È la Firenze dove il Manzoni arriva per «sciacquare i panni in Arno » e traduce il suo meneghino nella lingua di Dante.
Firenze sembra un’officina, che in qualche modo pare anticipare l’epoca vittoriana vagamente fantascientifica. Livorno è una città sontuosa al centro del Tirreno, frequentata dai maggiori poeti, artisti e scienziati europei e amata e scelta per un’avventura commerciale dal figlio maggiore di Mozart. Pisa brilla con l’università e in campo medico rivoluziona la chirurgia mondiale.
Un’isola luminosa, insomma, nel marasma di un’Italia risucchiata dopo l’avventura napoleonica dal gorgo conservatore, che manteneva una rotta liberale e liberista. Il segreto? «Certamente il governo illuminato e tollerante di Leopoldo II—spiega Cosimo Ceccuti, storico, presidente della Fondazione Nuova Antologia —. Che apre le porte a letterati e scienziati di tutta Europa. Arrivano a Firenze, centro europeo della cultura interdisciplinare, e trovano un terreno fertilissimo. Ci sono intelligenze, come Cosimo Ridolfi, che fanno quasi spionaggio industriale e culturale. Viaggiano nelle capitali e importano in Toscana il sapere. A Firenze nasce la prima scuola femminile, il Collegio dell’Annunziata, voluto nel 1824 da quel grande educatore che era Gino Capponi. L’idea era quella di fare una donna diversa, istruita, capace di pensare e persino capace di affiancare il marito nel lavoro. Rivoluzionaria, quella scuola, tanto che i Gesuiti di Modena la fanno chiudere».
Sono gli anni del fermento. Canapone (così era stato ribattezzato dai sudditi il granduca a causa dei capelli biondi) tollera e contribuisce, elargisce e finanzia la ricerca. «Proprio come dovrebbe fare il nostro governo e invece non fa», denuncia Margherita Hack, toscana doc.
Guardare al passato per costruire un futuro nuovo? «Certo—continua l’astronoma— anche se a livello nazionale non vedo un nuovo Leopoldo II e invece registro tagli alla ricerca quando invece si dovrebbero aumentare i finanziamenti, come fa Obama negli Stati Uniti. Per fortuna la Toscana ha un governo decente. E ci sono eccellenze, nella scienza, come ai tempi dei Lorena. Penso all’osservatorio di Arcetri, all’Istituto della scienza di Firenze e alle eccellenze dell’Università di Pisa nell’informatica, nella robotica, e nell’ingegneria spaziale».
Cristina Acidini, soprintendente del polo museale fiorentino, parla di un momento di grazia: «Le arti e le scienze non si sono ancora voltate le spalle e l’arte è ancora il linguaggio espressivo di cui si serve la scienza. Gli strumenti scientifici hanno un codice estetico di rara bellezza. Utilitas e venustas viaggiavano sullo stesso piano. Solo più tardi la ricerca sentirà di fare a meno della bellezza e l’arte sarà fine a se stessa. Si realizza la tribuna di Galileo nel museo della Specola (1842) dove i successi della scienza sono espressi con il linguaggio delle arti. I bassorilievi rappresentano gli strumenti scientifici e sono elemento di sfida iconografica, sintesi di un equilibrio prezioso e instabile».
E la politica? Federico Gelli, vicepresidente della Regione, agli anni formidabili di Canapone ci pensa spesso. «Quel governo illuminato ha gettato le basi della Toscana moderna — dice —. La spinta propulsiva non si è ancora conclusa, nonostante siano passati quasi due secoli. Da lì, da quegli anni formidabili, bisogna attingere humus per guardare a un presente e futuro di buon governo, di inclusione e di sguardi profetici verso la ricerca. Noi a questo stiamo lavorando. Con progetti pensati per le tre università, Firenze, Siena e Pisa, per valorizzare le eccellenze. Lo spirito di Leopoldo II vive ancora qui da noi».


Marco Gasperetti
09 novembre 2009

Per finire, un articolo in controtendenza.

IL BUON GOVERNO DEL MITE LEOPOLDO.
L’erede degli Asburgo-Lorena favorì il rinnovamento agrario e l’ascesa dei moderati

"Canapone»: a Leopoldo II il termine, non necessariamente malevolo, fu applicato in senso molto negativo, se non proprio derisorio. Si riferiva a una persona anziana o a un vecchio, quindi non più nel fiore della maturità, senescente, un po’ pesante, dallo zazzerone biondo stoppa. L’uomo, in effetti, giustificava un tale appellativo, ma a determinarlo valse forse l’accentuato tradizionalismo del suo stile di sovrano e di governo (e c’era forse in «canapone» anche un richiamo a «canapè», il divano imbottito da salotto, allora molto in voga, buono anche da sonnecchiarvi, se non dormire).
Leopoldo aveva conosciuto in gioventù l’esilio. Certo, quando in Toscana col padre Ferdinando III tornò, a 17 anni ormai, nel 1814, non poteva pensare che nel 1859 avrebbe conosciuto un nuovo esilio, definitivo questa volta. Ma quell’esilio finale non era, poi, casuale. Un po’ se lo tirò addosso lui stesso con la sua linea di governo che, prima del 1848, aveva certo ammorbidito di parecchio lo spirito rétro della Restaurazione, ma non aveva mai davvero familiarizzato con le forti tendenze toscane costituzionali e liberali, oltre che nazionali. Dopo il 1848 lo si vide ancor più, e quando si seppe che l’intervento di Vienna per rimetterlo sul trono nel 1849 era stato chiesto da lui stesso, le sue residue possibilità di intesa coi liberali e moderati toscani furono ormai pregiudicate.
Con lui finiva a Firenze la dinastia degli Asburgo-Lorena, che proprio in Toscana, dal 1765 al 1790, con suo nonno Pietro Leopoldo, poi imperatore, aveva dato uno dei più rilevanti modelli di regime riformatore di quel tempo. Per la verità, qualcosa di questo riformismo sopravvisse nel regno del Nostro dal 1824 al 1848. Il buon governo si esplicò in una linea di saggia amministrazione, che non rivoluzionò le condizioni della Toscana, ma certo favorì il rinnovamento agrario e il rafforzamento dei ceti moderati, spina dorsale degli eventi posteriori. Soprattutto, poi, l’aria del Granducato apparve più mite e tollerante di quella di ogni altro Stato italiano, specie dopo i moti del 1820-21, e la Firenze di allora fu quasi la capitale culturale e civile di quell’Italia che riluttava alla disciplina di Metternich. Una rivista, l’«Antologia», ne fu la viva espressione. Il gabinetto Vieusseux fornì un luogo di conversazione e di convegno ben presto famoso.
Tutto ciò conveniva molto allo spirito di Leopoldo II. In gioventù aveva coltivato in particolare gli studi letterari. Aveva pure pubblicato un’edizione delle poesie di Lorenzo il Magnifico, per cui nel 1817 venne accolto nell’Accademia della Crusca. Una pigra tolleranza, senza agitazioni e con il guadagno di una buona fama, rispondeva bene ai suoi gusti, se non borghesi, certo non molto aulici. Morta nel 1832 la prima moglie Maria Anna di Sassonia, aveva nel 1833 sposato Maria Antonia, sorella del re di Napoli, Ferdinando II di Borbone, avendo dalla prima moglie tre e dalla seconda ben dieci figli. Ma col tempo e col maturare di più forti passioni liberali e nazionali il clima toscano da respirabile divenne tedioso. La sonnacchiosa Toscana, la Toscana di Morfeo e simili espressioni si diffusero anche più del giusto. Qualcosa, però, in effetti, non andava sotto quel cielo relativamente tranquillo. Nel 1833, su impulso di Vienna, fu soppressa l’«Antologia». I rapporti coi moderati toscani si allentarono, e si ricomposero poi, in qualche modo. Ma alla tempesta del 1848 lo spirito bonario e il buon senso, sempre apparsi propri di Leopoldo, non sopravvissero.
Che cosa lo abbia portato a questo piuttosto radicale cambiamento non è facile dire. Forse, la grande paura del 1848. Cacciato dal trono nel 1859, Leopoldo si occupò, fra l’altro, delle sue proprietà (alcune erano nel Casentino e nella Maremma, ossia nella nuova Italia che egli aveva avversato). Ma anche Leopoldo era ormai diverso. Passò gli ultimi anni in Austria, ma poi, peggiorato in salute, e preso da forti impulsi religiosi, si trasferì a Roma, per essere così più vicino al capo della Chiesa e vi morì, il 29 gennaio 1870, l’anno ultimo del potere temporale dei papi: quasi in piena coincidenza cronologica, dunque, con la fine del mondo al quale egli era appartenuto.


Giuseppe Galasso
09 novembre 2009

Edited by elena45 - 10/11/2009, 15:44
 
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il geggi
view post Posted on 12/11/2009, 19:22




Ringrazio Enry per l'apprezzamento e la "preziosa" Elena45 per i suoi,come sempre, "preziosi" interventi.
Al riguardo riporto questo link,per chi può interressare.
http://www.firenzescienza.it

Sempre riguardo agli articoli riportati da Elena45,apprendo con soddisfazione gli apprezzamenti su Leopoldo II ed il suo governo,da parte di personalità della cultura e della politica ma,in particolare,il pensiero della astronoma Margherita Hack che,assieme al maestro Franco Zeffirelli,rappresentano a parer mio,le ultime "eccellenze fiorentine" a livello mondiale.

Proseguo la mia "trattazione" compatibilmente con il tempo a disposizione...

CIAO ! ! !
 
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il geggi
view post Posted on 12/11/2009, 23:24




... segue

A questo punto il Consiglio della Signoria,confermando il comando a Malatesta Baglioni,nominò quattro ambasciatori per andare presso il campo degli imperiali e trattare i capitoli della resa,con il comandante Ferrante Gonzaga ed il delegato papale Baccio Valori.
Il 12 Agosto 1530,nel campo imperiale,presso Santa Margherita a Montici,fu sottoscritta la resa di Firenze ed i relativi capitoli.Eccone alcuni:
<< 1° Che la forma del governo abbia da ordinarsi e stabilirsi dalla Maestà Cesarea fra quattro mesi prossimi avvenire,intendendosi sempre che sia conservata la libertà.>>
(...)
<< 3° Che la città sia obbligata a pagare l'esercito infino alla somma di d'ottantamila scudi,da quaranta in cinquantamila contanti di presente,ed il restante in tante promesse (...)>>
(...)
<< 7° Che tutto il dominio e terre acquistate dal felicissimo esercito abbiano a tornare in potere della città di Firenze.>>
Si dovevano inoltre liberare i partigiani dei Medici e restituire i beni agli esiliati.Un certo numero di ostaggi dovevano essere consegnati al Gonzaga infino che le fortezze di Pisa,Livorno,Volterra ed altre piazze non si fossero consegnate alle truppe di Carlo V,inoltre,dopo la consegna di detti ostaggi,il Papa e l'Imperatore avrebbero inviato vettovaglie all'affamata città.
Non si trattava quindi,di una capitolazione gravata da clausole particolarmente vessatorie.
Venne nominata una balìa,ovvero una commissione composta da dodici membri,che si sarebbe occupata della riforma dello Stato.
Giovanni Corsi fu il nuovo gonfaloniere.
La detta balìa venne in seguito aumentata a 150 membri,includendovi anche alcuni rappresentanti del partito antimediceo,ma a capo fu posto Alessandro de' Medici.
Tra il Papa e l'Imperatore era già stato stabilito che il governo di Firenze sarebbe toccato ad Alessandro e Carlo V gli avrebbe dato in sposa la propria figlia naturale,Margherita d'Austria.
Tra gli oppositori di Alessandro,oltre a parte dell'aristocrazia e della borghesia,vi era anche il Cardinale Ippolito de' Medici,figlio naturale del Duca di Nemours,Giuliano de' Medici.Questi era stato creato cardinale da Clemente VII,si dice proprio per togliere di mezzo un concorrente di Alessandro.
Ippolito,nell'Aprile del 1531,si recò a Firenze (Alessandro si trovava a Bruxelles,presso la Corte Imperiale),nella speranza che la città si dichiarasse a suo favore ma,niente di tutto questo si verificò.
Nel Luglio 1531 Alessandro fece il suo ingresso solenne in Firenze,era accompagnato dagli armati al comando di Alessandro Vitelli,da Filippo Strozzi e da Monsignor Giordani,Arcivescovo di Capua.
Invece dei soliti sontuosi pranzi per pochi,venne fatta una distribuzione di cibo e bevande ai fiorentini che assiepavano Piazza della Signoria.
Successivamente,l'ambasciatore Imperiale Muscettola,lesse la bolla nella quale Carlo V dichiarava che per sua volontà e sotto la sua protezione,Alessandro de'Medici era delegato a governare Firenze.
La bolla stabiliva anche le regole della successione al trono: << (...) e dopo di lui i suoi figlioli eredi successori discendenti da suo ceppo maschi,servato sempre l'ordine di primogenitura,e a quelli mancanti succeda quello che sarà più prossimo maschio (...) >>.
Veniva sancito anche che l'altro "ramo",quello di Lorenzo il Vecchio,detto dei Popolani,avrebbe fatto parte della famiglia regnante e quindi avere diritti di successione,seguendo l'ordine stabilito.Di detto ramo,i rappresentanti maschili erano,in ordine di successione: Lorenzo di Pierfrancesco il Giovane;Giuliano di Pierfrancesco il Giovane e Cosimo di Giovanni delle Bande Nere.
La detta Bolla Imperiale tornerà più volte di attualità nella storia toscana e sarà considerata come la prova di feudalità di Firenze ed il suo Dominio,nei confronti del Sacro Romano Impero,anche se qualcuno proverà a confutare questo assunto.
La Balìa si trasformò nel "Consiglio de'Dugento" affiancato dal Senato composto da quarantotto membri,eletti a vita.Il "Senato dei Quarantotto" continuò ad esistere per tutta la vita del Granducato di Toscana seppur a titolo onorifico,anche se,in alcune occasioni particolari,vi si fece ricorso per il governo dello stato.

segue ...
 
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view post Posted on 13/11/2009, 15:43
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Un po' di iconografia:


Pontormo -Alessandro de' Medici (1510-1537) ritratto giovanissimo - Pinacoteca civica Lucca.


Pontormo (1494-1557) - Alessandro de' Medici, detto il Moro - Collezione John G. Johnson, Filadelfia.


Tiziano - Ippolito de' Medici (1511-1535) in tenuta da caccia - Palazzo Pitti.


Cristofaro dell'Altissimo - Ippolito de' Medici, cardinale - Palazzo Pitti.

CITAZIONE (il geggi @ 12/11/2009, 23:24)
............
Nel Luglio 1531 Alessandro fece il suo ingresso solenne in Firenze...............
La bolla stabiliva anche le regole della successione al trono: .............
Veniva sancito anche che l'altro "ramo",quello di Lorenzo il Vecchio,detto dei Popolani,avrebbe fatto parte della famiglia regnante e quindi avere diritti di successione,seguendo l'ordine stabilito.Di detto ramo,i rappresentanti maschili erano,in ordine di successione: Lorenzo di Pierfrancesco il Giovane;Giuliano di Pierfrancesco il Giovane e Cosimo di Giovanni delle Bande Nere..................................

E già, del ramo Cafaggiolo (quello di Lorenzo il Magnifico), già dal 1523, anno in cui fu eletto Clemente VII, oltre alle donne (per esempio Clarice e la nipotina Caterina, la futura regina di Francia), erano rimasti solo i due bastardi, Alessandro e Ippolito!


Giampaolo Pace - Giovanni dalle Bande Nere (1498-1526), figlio di Giovanni il popolano e Caterina Sforza -Galleria degli Uffizi.


Pontormo - Maria Salviati, vedova di Giovanni dalle Bande Nere, con il piccolo Cosimo (1519-1574), orfano a 7 anni - Galleria degli Uffizi.
Maria e la madre Lucrezia erano altre due superstiti del ramo Cafaggiolo, rispettivamente nipote e figlia di Lorenzo il Magnifico.

Edited by elena45 - 10/9/2012, 10:58
 
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il geggi
view post Posted on 16/11/2009, 21:17




CITAZIONE (elena45 @ 13/11/2009, 15:43)
Un po' di iconografia:

(IMG:http://i36.tinypic.com/2gugw9f.jpg)
Pontormo -Alessandro de' Medici (1510-1537) ritratto giovanissimo.

(IMG:http://i34.tinypic.com/1ragdj.jpg)
Pontormo - Alessandro de' Medici, detto il Moro.

(IMG:http://i33.tinypic.com/2wm3kh0.jpg)
Tiziano - Ippolito de' Medici (1511-1535) in tenuta da caccia.

(IMG:http://i38.tinypic.com/35iu7t4.jpg)
Cristofaro dell'Altissimo - Ippolito de' Medici, cardinale.

CITAZIONE (il geggi @ 12/11/2009, 23:24)
............
Nel Luglio 1531 Alessandro fece il suo ingresso solenne in Firenze...............
La bolla stabiliva anche le regole della successione al trono: .............
Veniva sancito anche che l'altro "ramo",quello di Lorenzo il Vecchio,detto dei Popolani,avrebbe fatto parte della famiglia regnante e quindi avere diritti di successione,seguendo l'ordine stabilito.Di detto ramo,i rappresentanti maschili erano,in ordine di successione: Lorenzo di Pierfrancesco il Giovane;Giuliano di Pierfrancesco il Giovane e Cosimo di Giovanni delle Bande Nere..................................

E già, del ramo Cafaggiolo, già dal 1523, anno in cui fu eletto Clemente VII, oltre alle donne (per esempio Clarice e la nipotina Caterina, la futura regina di Francia), erano rimasti solo i due bastardi!

(IMG:http://i33.tinypic.com/212h1s2.jpg)
Giampaolo Pace - Giovanni dalle Bande Nere (1498-1526), figlio di Giovanni il popolano e Caterina Sforza.

(IMG:http://i36.tinypic.com/2vv7xnq.jpg)
Pontormo - Maria Salviati, vedova di Giovanni dalle Bande Nere, con il piccolo Cosimo (1519-1574), orfano a 7 anni.
Maria e la madre Lucrezia erano altre due superstiti del ramo Cafaggiolo, rispettivamente nipote e figlia di Lorenzo il Magnifico.

Grazie per queste stupende immagini ! ! !
 
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view post Posted on 16/11/2009, 22:34
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Prego!
A me piace molto abbinare la storia all'arte.
 
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il geggi
view post Posted on 17/11/2009, 00:39




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Alessandro de'Medici è Duca di Firenze,il primo della sua casa a sedere su un trono,il primo monarca assoluto.
Il naso camuso,il colorito olivastro della pelle,le labbra carnose ed i capelli crespi,fecero si che si credesse fosse figlio di una "stiava negra",della corte medicea:da questo,il nomignolo "il moro".
Il professor Gaetano Pieraccini,che ha condotto attenti esami antropologici sui resti mortali dei Medici e che ha riportato nella sua monumentale opera: "La stirpe dei Medici di Cafaggiolo",smentisce questa ipotesi.
La politica interna di Alessandro,almeno nei primi tempi,prende un indirizzo ben preciso ed il principe sembra essere intraprendente e ben calato nel nuovo ruolo.
Prima di tutto occorre specificare come era divisa la popolazione fiorentina nel cinquecento.
Vi era l'aristocrazia composta da famiglie nobili e da quelle di banchieri (tra le quali rientravano anche i Medici) che nel corso degli anni,avevano accumulato ingenti ricchezze ed avevano filiali dei propri "banchi" sparse in tutta Europa,anche se,iniziavano gradatamente ad abbandonare i grandi traffici internazionali,iniziando ad investire nell'acquisto di terreni da coltivare.Il cosiddetto "popolo",col relativo partito dei popolani,comprendeva quelle famiglie illustri che avevano accesso a ricoprire,per sorteggio od elezione,cariche pubbliche e politiche.
Infine,la plebe o "basso popolo",ovvero la grande massa di fiorentini,piccoli artigiani ed operai,salariati dell'Arte della Lana e tutti coloro che non godevano di alcun diritto a partecipare alla vita pubblica.
Due provvedimenti furono presi da Alessandro,che andavano a beneficiare gli strati più bassi della popolazione ed a creare scontento nelle grandi famiglie.
Il primo riguardava la formazione delle "Bande del Contado e del Distretto".
I contadini erano tenuti a prestare una sorta di "servizio militare" e dovevano essere sempre pronti,qualora ce ne fosse stato bisogno,ad accorrere sotto le rispettive bandiere.Non era tanto il "soldo" che questi ricevevano,quanto le agevolazioni fiscali e gli sgravi dagli obblighi che avevano nei confronti dei loro "padroni",che gratificavano i contadini.
Il sistema delle "bande" fu perfezionato da Cosimo I,che poteva quindi disporre di una sorta di esercito nazionale.
Un alleggerimento fiscale riguardò gli artigiani e lavoratori della lana e della seta.Si ridussero alcuni dazi per le merci in entrata ed in uscita.
Un provvedimento importante del Duca,fu quello di fare aggiornare il catasto,che era la fonte di rilevanti imposte:si doveva pagare il dieci per cento,sull'imponibile di ogni bene segnato a catasto.
Appare evidente che queste decisioni andavano a pesare sulle classi maggiori dei fiorentini,creando scontento nei confronti di Alessandro.
In politica estera,per così dire,il Duca sembrava propenso a rendersi indipendente dal Papa,avvicinandosi maggiormente all'Imperatore,anche se l'inizio dei lavori per l'edificazione della Fortezza di San Giovanni Battista (detta "da Basso"),parrebbe denunciare una sorta di doppio gioco di Alessandro.Questi,però,aveva nei fuoriusciti e nel cugino Ippolito,i nemici più temibili,che non mancavano di tempestare l'Imperatore con lamentele sul comportamento del Duca e spingevano ad una sua destituzione.
Il 25 Settembre 1534,muore a Roma Papa Clemente VII.Chissà come avrà preso,Alessandro,questa notizia:era sempre,con ogni probabilità,suo padre;era colui che aveva favorito la sua ascesa al trono.Ultimamente il Papa era però scontento del comportamento del Duca di Firenze e del suo gruppo di "scapestrati",tra i quali aveva fatto il suo ingresso un cugino del ramo cadetto: Lorenzo dei Medici,detto "Lorenzino" e,successivamente,"Lorenzaccio",che divenne in breve tempo il consigliere più intimo del sovrano.
Nuovo Pontefice è Paolo III Farnese:un'altro nemico naturale di Alessandro.
Il Cardinale Ippolito stringe alleanza col nuovo Papa ma dopo un anno dall'elezione di questi,Ippolito muore.Si pensa subito ad un veleno per conto del Duca ma,lo stesso Papa avrebbe potuto desiderare togliere di mezzo un pretendente al trono fiorentino:perché?Anche Paolo III aveva diversi parenti da "sistemare" e non avrebbe disdegnato di porne uno al posto di Alessandro.Questi,per il momento ha sempre l'appoggio di Filippo Strozzi,che è il finanziatore della costruzione della Fortezza.Il Banchiere naturalmente sa che non potrà riavere indietro i soldi ma,punta ad avere benefici di vario genere come contropartita.Alessandro però non si fida,ha una ricca rete di spie e i rapporti con gli Strozzi si guasteranno di li a poco ed anche questi andranno ad ingrossare le fila dei fuoriusciti,che tramano per la sua destituzione.Questi continuano con le lamentele rivolte all'Imperatore:si accusa Alessandro di essere un despota,di esercitare il potere in modo brutale e,comunque,di malgoverno.
La posizione del Duca sembra vacillare in quanto,Carlo V non gli ha ancora concesso in sposa la propria figlia Margherita ed ha convocato,per gli ultimi giorni del 1535,a Napoli i fuoriusciti fiorentini,per ascoltare le loro ragioni.
Anche Alessandro si reca colà per una sorta di difesa.Un centinaio di cavalieri,altrettanti archibusieri ed una cinquantina di fanti,formano la scorta del Duca:il messaggio è chiaro,se qualcuno si fosse messo in testa strane idee,farà bene a farsele passare.Accanto al Duca,anche Lorenzino.
I fuoriusciti,capeggiati da Filippo Strozzi ed i Cardinali Ridolfi e Salviati,scelsero come oratore Jacopo Nardi,figura eccellente ma che sbagliò completamente tattica.Il suo discorso verteva,dopo avere esposto le nefandezze del Duca,sulla richiesta a Carlo V di restaurare a Firenze una sorta di regime repubblicano-oligarchico.Immaginiamo l'effetto che potrà avere avuto sull'Imperatore.
Ottima scelta fu quella di Alessandro che affidò le sue ragioni a Francesco Guicciardini che,oltre a confutare la accuse mosse al Duca,fece capire a Carlo V quanto sarebbe stato insensato privarsi di un fedele vassallo per affidare le sorti dello stato ad un manipolo non ben definito,con un altrettanto non ben definito programma.
Il trionfo di Alessandro sarà sancito con le agognate nozze con Margherita d'Austria,che sono ufficialmente annunciate dallo stesso Imperatore.
Gli esuli otterranno solo di poter rientrare in patria ed in possesso dei loro beni ma,sovvenzionati dallo Strozzi,molti di questi non accetteranno.
Il 28 Aprile 1536,Carlo V fa il suo ingresso solenne in Firenze,dalla Porta Romana e ivi si trattiene per circa un mese.
Il trono di Alessandro sembra ormai essere ben stabile.Questi resta tuttavia sempre sospettoso,si muove sempre sotto scorta armata.Accanto a lui,sempre scodinzolante,il fido Lorenzino.Questi è un uomo di cultura e di grande ingegno intellettuale,doti queste che mancano al Duca,il quale può contrapporre prestanza fisica ed esuberanza sessuale,cose queste che sembrano deficitare al cugino.Alessandro incarica Lorenzino di sopraintendere ai festeggiamenti per le proprie nozze con Margherita e di scrivere una commedia che verrà rappresentata nella fausta occasione.
Torniamo per un momento a Napoli per l'incontro al cospetto di Carlo V,degli esuli fiorentini e di Alessandro.Lorenzino,abbiamo visto facente parte del seguito del Duca,si incontra con Filippo Strozzi il quale gli rimprovera la troppa amistà col sovrano,sapendolo di tendenze repubblicaneggianti.Lorenzino non replica facendo aumentare l'ira di Piero,figlio di Filipppo,che gli rinfaccia gli aiuti ed i soccorsi avuti in tempi di bisogno.Lorenzino parrebbe avere già maturato la sua decisione
,ma non può rivelarla ad alcuno:l'uccisione del Duca Alessandro.

segue ...



 
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view post Posted on 17/11/2009, 14:50
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Grazie per la bella storia che ci stai raccontando!

Ricordo, per inciso, che Filippo Strozzi, nemico di Alessandro, era il marito di quella Clarice che odiava i bastardi e che, all'epoca della cacciata, appena 4 anni prima, li aveva chiamati muli. Quando Alessandro rientrò trionfante, però, Clarice era morta nel frattempo.

Di loro ci sono ritratti meno belli, ma li voglio postare lo stesso:


Clarice de Medici (1493-1528) e Filippo Strozzi (1489-1538). Oltre ai loro 10 figli, furono i tutori di Caterina de' Medici.

Bello, sebbene di anonimo, il ritratto del figlio:


Piero Strozzi (1510-ka1558). Sposò Laudomia, la sorella di Lorenzino.


Laudomia de' Medici (?-1559), vedova di Alamanno Salviati, sposò Piero Strozzi nel 1539, dopo la morte violenta di suo fratello.
L'altra sorella, Maddalena, sposò un altro figlio di Filippo Strozzi, Roberto.

Edited by elena45 - 31/5/2016, 16:02
 
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il geggi
view post Posted on 17/11/2009, 20:15




CITAZIONE (elena45 @ 17/11/2009, 14:50)
Grazie per la bella storia che ci stai raccontando!

Ricordo, per inciso, che Filippo Strozzi, nemico di Alessandro, era il marito di quella Clarice che odiava i bastardi e che, all'epoca della cacciata, appena 4 anni prima, li aveva chiamati muli. Quando Alessandro rientrò trionfante, però, Clarice era morta nel frattempo.

Di loro ci sono ritratti meno belli, ma li voglio postare lo stesso:

(IMG:http://i38.tinypic.com/2re5bnk.jpg)(IMG:http://i35.tinypic.com/25arr7t.jpg)
Clarice de Medici (1493-1528) e Filippo Strozzi (1489-1538). Oltre ai loro 10 figli, furono i tutori di Caterina de' Medici.

Bello, sebbene di anonimo, il ritratto del figlio:

(IMG:http://i35.tinypic.com/2vcx6wl.jpg)
Piero Strozzi (1510-1558). Sposò Laudomia, la sorella di Lorenzino.

(IMG:http://i38.tinypic.com/14b4y0x.jpg)
Agnolo Bronzino - Laudomia de' Medici (?-1559), sposò Piero Strozzi nel 1539.

Onorato di riscuotere il tuo plauso...
Grazie a Te,che arricchisci questa narrazione con delle splendide immagini.
Non mi pare di aver mai visto prima d'ora il ritratto di Piero di Filippo Strozzi che hai postato.Bellissimo!
Riguardo ai "muli",ovvero Alessandro ed Ippolito,girava nella Firenze di quei tempi una "battuta" feroce: << Alessandro ed Ippolito non li avrebbe voluti nemmeno Noé sull'Arca...perché muli!>>.

 
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view post Posted on 17/11/2009, 21:35
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CITAZIONE (il geggi @ 17/11/2009, 20:15)
Riguardo ai "muli",ovvero Alessandro ed Ippolito,girava nella Firenze di quei tempi una "battuta" feroce: << Alessandro ed Ippolito non li avrebbe voluti nemmeno Noé sull'Arca...perché muli!>>.

:woot: :woot: :woot:

CITAZIONE
Non mi pare di aver mai visto prima d'ora il ritratto di Piero di Filippo Strozzi che hai postato.Bellissimo!

Le didascalie del ritratto di Piero Strozzi, che neanche a me è capitato di vedere, dicono che sta a Palazzo Vecchio, mentre Laudomia è a Palazzo Pitti.

CITAZIONE
Onorato di riscuotere il tuo plauso...

Esagerato!!!

:35.gif:

Edited by elena45 - 19/11/2009, 09:08
 
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il geggi
view post Posted on 18/11/2009, 00:50




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Nel Giugno 1536 si celebrano la nozze tra Alessandro e Margherita;la commedia "Aridosia",scritta da Lorenzino,appositamente per l'evento,ottiene un grande successo.Questi è sempre più nelle grazie del Duca.
Messer Maurizio da Milano,capo della polizia ducale,non si fida di lui ed invita il Duca alla prudenza,ma questi,pensa piuttosto ad una forma di invidia da parte di un cortigiano,che si sente scavalcato da un parente del sovrano.
Avviene che Alessandro si invaghisce perdutamente di una gentildonna fiorentina:Caterina Soderini ne'Ginori.Questi altro non era che la sorella della madre di Lorenzino.Parve essere l'occasione giusta.Lorenzo,che abitualmente si prestava a ricoprire il ruolo di lenone per il Duca,si offre di fare da tramite,anche perchè la Caterina era donna virtuosa e solo grazie a lui avrebbe ceduto alle avance del Duca.Dopo una lunga attesa,Lorenzo porta ad Alessandro la buona notizia: la Caterina accetta l'incontro!
Questo avverrà la notte tra il 5 ed il 6 Gennaio 1537 (1536 se si conta l'anno ad uso fiorentino,in quanto l'anno iniziava "ab incarnationem",il 25 Marzo,come nella Roma Antica),ma dovranno essere adottati degli accorgimenti indispensabili.La gentildonna,per garantire la propria riservatezza,non dovrà incontrare alcuno sul suo cammino,pena la rinuncia all'appuntamento erotico.L'incontro avverrà in una casa attigua a Palazzo Medici di Via Larga,il Duca dovrà attendere la sua amante già coricato nel letto e la stanza sarà nella semi oscurità in quanto la Caterina,essendo estremamente pudica e vergognosa,non vuole essere guardata in volto.
Alessandro accetta e ordina all'Ungaro,comandante della sua guardia del corpo,ed ai suoi uomini di rimanere in una casa di fronte a dove avverrà l'incontro,così che la gentildonna non trovi sulla sua strada alcuno.
Il Duca è,a questo punto,completamente nelle mani di Lorenzino.Il piano di questi è veramente geniale,degno della sua intelligenza.Il giorno non è scelto a caso;per prima cosa,il comandante delle truppe spagnole di stanza a Firenze,Alessandro Vitelli,si trovava con parte dei suoi uomini a Città di Castello.Quindi nel caso che,come sperava Lorenzo,con la morte del Duca ci fosse stata una sollevazione cittadina,questa avrebbe avuto una maggiore probabilità di riuscita.Nella notte dell'Epifania aveva inizio il Carnevale,quindi il frastuono che poteva generarsi durante l'omicidio del Duca,non avrebbe allarmato in special modo Maria Salviati,madre di Cosimo de'Medici,le cui stanze erano attigue a quelle dove si sarebbe consumato il regicidio.
La notte del 5 Gennaio Alessandro e Lorenzo escono da Palazzo Medici,il Duca ha consegnato la sua guardia del corpo con l'ordine di non muoversi senza suo ordine.Giunti nella camera preposta,riscaldata da un fuoco che arde nel camino,Lorenzo aiuta Alessandro a spogliarsi,sistema la spada sulla sedia accanto al letto ma intreccia la cinghia attorno all'elsa,rendendo così impossibile poterla sguainare.Con premura rassetta il letto e sistema con grande cura i cuscini,in questo modo si accerta che il Duca non vi abbia nascosto un pugnale od altra arma.Spegne delle candele in quanto,il fuoco del camino,sarà più che sufficente a garantire una fioca luce,così come richiesto da Caterina Ginori.
Alessandro rimane nel letto in attesa della sua amante.Lorenzino rientra in camera,ma non è solo.Questi,seppur a tradimento e con i mille accorgimenti messi in atto,non avrebbe potuto avere la meglio sul Duca.Grazie anche all'interessamento del sovrano stesso è riuscito a far uscire di prigione un mugellano accusato di omicidio:Michele del Tavolaccino,detto Scoronconcolo,che diverrà un suo fedele servitore.
Il primo colpo sarà vibrato da Lorenzino,che trapassa le reni del Duca,con una stoccata che potrebbe essere già mortale,ma questi reagisce e su di lui si avventa Scoronconcolo per pugnalarlo alla gola.Lorenzo,per non far gridare il Duca,gli tappa la bocca con una mano e questi lottando come una belva riesce a mordere il pollice di Lorenzo,fin quasi a staccarglielo.Nel caos della lotta,Scoronconcolo non riesce a colpire come dovrebbe;mena alcuni fendenti che sfigurano il volto di Alessandro senza essere mortali.Vi sono,a questo proposito,delle foto del cranio di Alessandro riprese nel corso di una esumazione,dove si vedono distintamente le lesioni ossee provocate dalla lama del sicario.Infine è lo stesso Lorenzino che riesce a piantare il pugnale nella gola di Alessandro,finendolo.
A questo punto il piano prevede la fuga.Il tirannicida,accompagnato dal suo servo,si reca dal vescovo Marzi che è l'incaricato al rilascio dei lasciapassare per poter uscire dalla città,dopo che sono state chiuse le porte,dicendo che il suo servo è venuto ad avvisarlo che urgenti questioni familiari lo richiamano a Cafaggiolo e soltanto a quell'ora era stato rintracciato ad una festa per il carnevale entrante.Il vescovo rilascia i permessi senza nulla obiettare.Lorenzo arriva a Bologna la notte del 7 Gennaio ma nessuno crede a quanto racconta.Prosegue per Venezia,meta finale della sua fuga,dove alloggiano gli Strozzi.Quando vi giunge è gia arrivata la notizia della morte del Duca,messaggeri fiorentini erano partiti alla volta degli altri stati ad avvisare di non dare asilo a Lorenzo,regicida ed assassino di un suo parente,sulla di cui testa pende già una taglia.Filippo Strozzi lo accoglie a braccia aperte,appellandolo novello Bruto,promette sovvenzioni ed aiuti,inoltre i suoi figli sposeranno le sorelle di Lorenzino.
Sul gesto di Lorenzino si sono versati fiumi d'inchiostro,lui stesso nella "Apologia",interessantissima da leggere,spiegherà il suo operato.
Tra gli storici di varie epoche vi è chi esalta l'azione portata a termine da Lorenzo,come il nobile gesto di liberare la propria patria dal tiranno.Vi è chi,all'opposto,lo bolla come un volgare assassino che uccide a tradimento e per gelosia e che,solo dopo,per alleggerire la sua posizione e guadagnare il favore dei fuoriusciti,ammanta il suo gesto di patriottismo liberale.
Sarà il comportamento del tirannicida a destare qualche perplessità,anche negli stessi anti-medicei.Gli viene rinfacciata la fuga,senza aver dato,in Firenze,eco alla sua azione che avrebbe potuto innescare una qualche sommossa o ribellione.Da queste accuse si difenderà nella sua "Apologia",affermando che non avrebbe certo potuto caricarsi il cadavere del Duca e mettersi ad urlare per le strade di Firenze ed anche se avesse reciso la testa del sovrano per presentarla a qualcuno come prova dell'avvenuto tirannicidio,non avrebbe avuto grande credito:primo perchè il volto del Duca era stato sfigurato dalle coltellate e quindi difficilmente riconoscibile;secondo,perchè essendo stato fino ad allora in assoluta confidenza col Duca,si sarebbe potuto pensare ad un tranello escogitato dallo stesso Alessandro per far venire allo scoperto gli oppositori.
A sua volta Lorenzo scarica la colpa sugli oppositori medicei,come in patria che all'estero,che non si fecero trovare pronti ad agire per rovesciare il regime.
Lorenzo,che sarà inviato a Costantinopoli,come ambasciatore del Re di Francia,risiederà in Francia e a Venezia e qui troverà la morte per conto di due sicari del Duca Cosimo de'Medici.Bebo e Cecchino,armati di "pugnali pistoresi",armi corte con lame a doppio taglio e ben intrise di veleno,lo sorprenderanno all'uscita della chiesa di San Polo,il 26 Febbraio 1548.
Torniamo ancora al giorno dell'uccisione di Alessandro e leggiamo Marcello Vannucci nel suo : "Lorenzaccio-Lorenzino de'Medici:un ribelle in famiglia" : << è l'alba ormai:quella dell'Epifania del 1537.Lorenzino,l'uccisore,ha ventiquattro anni;Alessandro,l'ucciso,ne aveva ventisei.Due giovani che d'ora in poi non crederanno più alla Befana>>.

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view post Posted on 18/11/2009, 14:08
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Due ritratti postumi che segnano l'apoteosi e la fine di questa vicenda:


Il papa Paolo III Farnese benedice le nozze di Alessandro de' Medici con la quattordicenne Margherita d'Austria, nel giugno 1536. A gennaio del 1537 Alessandro veniva assassinato.
(Qualcuno conosce l'autore di questo quadro, con evidenti anacronismi?
Anche Vasari raffigura, anni dopo, l'episodio nel soffitto della sala di Clemente VII in Palazzo Vecchio, ma non ho trovato l'immagine).

La triste vicenda di Lorenzino de'Medici, protagonista anche di un celebre dramma di Alfred de Musset, esercitò un forte fascino sull'ispirazione di Giuseppe Bezzuoli, che gli dedicò nel 1837, quasi trecento anni dopo, questa "Uccisione di Lorenzino de' Medici", oggi conservata nel Museo Civico di Pistoia. Da fondale alla vicenda la facciata della Basilica dei Santi Giovanni e Paolo di Venezia, riprodotta dal pittore con grande fedeltà.



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Una fine straziante: il pittore sembra mostrare pietà per il personaggio, un eroe negativo collocato al centro della scena. Le tre figure che gli stanno attorno mostrano reazioni diverse: dall'indifferenza dell'uomo che lo sorregge, all'orrore della donna con le mani alzate, al dolore nascosto di quella inginocchiata, alla pietà religiosa di colei che prega.
I due sicari: le bellissime figure dei due sicari inviati dai Medici sulle tracce di Lorenzino sono state rappresentate in una posa monumentale, mentre si abbracciano come per complimentarsi a vicenda dell'atto di vendetta e di giustizia di cui sono stati lo strumento.

Commento estrapolato dal sito: www.sapere.it.

Edited by elena45 - 23/7/2017, 13:28
 
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