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L' 11 maggio 1537 l'ambasciatore imperiale,Conte di Cifuentes,venne a Firenze su mandato personale dell'Imperatore,per una sorta di "verifica sul campo",ovvero constatare di persona la situazione e decidere di confermare o meno Cosimo al governo dello Stato. Cosimo passò l'esame del Cifuentes e ricevette da questi,davanti ad una seduta solenne del Senato dei Quarantotto,l'investitura a "Duca di Firenze". Improvvisamente,alla metà di luglio,Filippo Strozzi comunicò agli ambasciatori francesi a Bologna e Venezia,Rhodez e Lavaur,la sua intenzione di organizzare e finanziare la spedizione contro Firenze. Si convenne che il banchiere fiorentino avrebbe sborsato 10.000 scudi,la metà dei quali gli sarebbero stati rimborsati da Francesco I. Si è molto discusso sul cambiamento di rotta da parte dello Strozzi e il giudizio degli storici pare orientato ad avvalorare la tesi che questo sia avvenuto in seguito alla dura presa di posizione dei figli,in particolare Piero che arrivò,come abbiamo visto,a ripudiarlo come padre. Un'altra domanda è:quanto lo Strozzi padre credeva nella riuscita dell'impresa? A favore dei fuoriusciti giocavano il fatto che una flotta turchesca,in accordo col Re Cristianissimo,avrebbe di lì a poco fatto una scorreria nel Mediterraneo e che lo stesso Francesco I di Valois aveva promesso di lanciare una offensiva in Piemonte. Di contro,come abbiamo visto,il Conte di Cifuentes aveva,con l'investitura ufficiale a Duca di Firenze,sancito il legame tra Cosimo I e Carlo V,il presidio spagnolo in Firenze era stato rinforzato e,cosa più importante,tutti i progetti e le manovre dei fuoriusciti venivano intercettati dall'efficiente spionaggio mediceo vanificando così l'effetto sorpresa che era alla base della strategia dello Strozzi e dei suoi uomini. Inoltre quando l'esercito dei fuoriusciti si mosse,sia i Turchi sul mare,che i Francesi nel nord Italia,non avevano fatto alcuna mossa. Come se non bastasse i vertici dei fuoriusciti erano lacerati da rancori ed interessi personali. Filippo Strozzi affidò il comando a Capino da Mantova,alle sue dirette dipendenze Piero Strozzi e Bernardo Salviati. Alla fine di Luglio 6000 fanti e 300 cavalli erano pronti a partire dalla Fortezza della Mirandola e valicare il passo Appenninico di Montepiano ed a riversarsi nella piana tra Prato e Pistoia dove si assicurava che i Cancellieri (famiglia tradizionalmente anti-medicea) ed i loro uomini avevano già attaccato la parte Panciatica (i Panciatichi erano un'altra famiglia pistoiese però di assoluta fede medicea). Tra gli esuli iniziarono i contrasti. Baccio Valori ed Anton Francesco degli Albizi reclamavano ruoli di spicco ma Filippo Strozzi preferiva tenerli in disparte.In particolare il fanatico Baccio Valori mordeva il freno quando,per paura di restare escluso,asserendo che i Cancellieri erano già passati all'azione partì dalla Mirandola alla testa di una ottantina di uomini per una scorribanda sotto Prato.Disperatamente Filippo Strozzi ed Anton Francesco degli Albizi gli corsero dietro con pochi soldati.Questo sparuto gruppo prese la decisone di fermarsi a Montemurlo,nelle vicinanze di Prato,in un vecchio castello medievale ormai ridotto a villa ma che,con poche altre opere di fortificazione - che non furono approntate - avrebbe potuto resistere ad un assalto,nell'attesa del resto dell'esercito guidato dal Salviati e da Piero Strozzi. Quest'ultimo partì in anticipo con trecento uomini,per dar man forte al padre e sotto le mura di Prato fu protagonista di una scaramuccia con il milanese Pozzo da Perego ed il mugellano Rosa da Vicchio,due vecchi e fidati veterani delle Bande Nere che comandavano la piazza di Prato. Neanche Piero Strozzi pensò a fortificare ulteriormente il castello di Montemurlo ma si accampò con i suoi uomini nelle piana sottostante,lasciando sulla strada per Prato un manipolo di cento armati,al comando di Sandrino da Filicaia,per prendere in imboscata gli uomini del Perego,se si fosse spinto fin lì. In un primo momento,a Firenze,vi fu viva preoccupazione,se non sgomento,in quanto si credette che fosse giunto tutto l'esercito dei fuoriusciti,pronto per assaltare la città.Quando però si venne a conoscenza di come stavano realmente le cose,il Vitelli agì con grande lucidità ed astuzia.Come prima cosa trovò il modo di far giungere agli esuli la falsa notizia che Firenze era in pieno caos,terrorizzata da questa ardita manovra degli Strozzi,che il partito anti -mediceo stesse rialzando la testa e che il Cardinale Cybo scortasse la vedova del Duca Alessandro a Pisa,per paura che cadesse in mani repubblicane. Per confermare tutto ciò,oltre che richiamare gli Spagnoli da ogni dove nel Dominio,ne fissò,per rendere il tutto più plausibile,anche gli alloggiamenti. Nella notte tra il 31 luglio ed il 1 agosto,sotto un tremendo temporale estivo, Alessandro Vitelli mosse da Firenze alla volta di Montemurlo,aveva con se Pirro Colonna,gli Spagnoli del Sarmiento,gli Italiani di Otto da Montauto,la guardia del Duca col capitano Borghesi di Siena e la cavalleria di Ridolfo Baglioni,in tutto circa tremila uomini.Marciò su Prato dove giunse verso la mezzanotte.Da lì,senza che i fuoriusciti ne avessero avuto sentore alcuno,dopo aver sbaragliato Sandrino da Filicaia,investì in pieno Piero Strozzi ed i suoi uomini.Questi dopo essere stato atterrato da un cavaliere,gettandosi in un dirupo,riuscì a sottrarsi alla cattura scappando nel bosco.Dopo fu la volta della rocca di Montemurlo dove Filippo Strozzi e gli altri ivi asserragliati,ignari di quanto stava accadendo,stavano riposando. L'assalto del Vitelli gettò tutti nel panico.La difesa si resse,nella sostanza,solo sul capitano Caccia Altoviti,uno dei pochi uomini d'arme presente nel castello,Questi,dopo che i medicei avevano incendiato il portone,molto opportunamente,fece gettare altra legna sul fuoco,così da impedire l'ingresso degli assalitori.Dagli spalti piovevano sassi ed archibusate sugli assalitori ma,in capo a due ore,tutto era finito.Era l'alba del 1 agosto 1537 ed i capi degli esuli (l'ordine categorico era di prenderli vivi),con in testa Filippo Strozzi,incatenati e lordi di sangue e fango,prendevano la strada per Firenze. Intanto Piero Strozzi,risalita la valle del Bisenzio,si era incontrato con l'avanguardia delle truppe in arrivo dalla Mirandola,esortando Bernardo Salviati a lanciarsi all'inseguimento dell'esercito mediceo per liberare i prigionieri.Ma questi preferì non avventurarsi alla cieca in territorio nemico e contro forze consoderevoli,intanto giunse la notizia che le pur valorose bande di parte Cancelliera erano state battute dalle truppe del Montauto. Cosimo,sin dall'alba del 1 agosto era in perlustrazione per le vie di Firenze quando,trovandosi al piè di ponte Santa Trinita di fronte alla Basilica dei SS.Apostoli,l'attuale via Tornabuoni,venne raggiunto dalla notizia della vittoria: i fuoriusciti erano asserragliati in Montemurlo,senza via di scampo! In quel preciso luogo venne eretta,per volere dello stesso Cosimo I,una colonna di porfido sostenente una statua che rappresenta la giustizia. Nella mattinata il Duca si recò alla Santissima Annunziata per la messa ed il Te Deum di ringraziamento,la piazza straboccava di folla festante e riecheggiava il grido << Palle! Palle! >>. Cosimo,assorto in preghiera davanti alla Sacra Immagine,venne raggiunto da un altro dispaccio: i capi dei fuoriusciti erano già stati tradotti in catene nel cortile di Palazzo Medici. Qui il Duca volle vedere i "ribelli" e non deve essere stato uno spettacolo edificante.Laceri,contusi,umiliati,distrutti,sporchi di fango e sangue,molti di loro piangenti impetravano pietà senza ritegno.Poco si sa di questo "incontro",sembra che Cosimo,gelido ed altero,rivolgesse parole - poco rassicuranti - solo a Filippo Strozzi per dirgli che si sarebbe agito secondo giustizia e lo esortava ad affrontare il futuro con lo stesso "cuore forte" con il quale aveva preso le armi contro la Patria sua. I prigionieri,secondo consuetudine,vennero riscattati prima di venire consegnati alla giustizia e Cosimo I pagò ai capitani che li avevano catturati,per esempio,per Baccio Valori 4000 ducati,Filippo Valori 2000,Anton Francesco degli Albizi 1000. Filippo Strozzi che si era dichiarato prigioniero di Carlo V,venne tradotto in Fortezza da Basso da Alessandro Vitelli il quale già sognava l'esorbitante riscatto che sarebbe stato pagato per il ricchissimo banchiere. Il processo contro i ribelli,che si protrasse fino alla fine di agosto,mise in evidenza la pochezza politica,la miseria morale,la disorganizzazione e l'insipienza di quei repubblicani che si erano atteggiati a Bruto e Cassio. Particolare confortante,per Cosimo,fu constatare l'assoluta mancanza di un programma politico nei suoi avversari e Montemurlo rappresenta così,l'apice di tutta una serie di imprese velleitarie,scollegate fra loro. Anche a livello personale,i capi dei fuoriusciti,durante il processo dettero squallida immagine di se,non sapendo fare altro che chiedere pietà adducendo risibili scuse e miserevoli giustificazioni e cercando di scaricare le colpe sui propri compagni.Il tanto baldanzoso Baccio Valori fu il più vile di fronte alla morte,tanto da dover essere trascinato per la barba dal boia,nella disperata resistenza di porgere il collo alla lama della scure. In totale,con molta approssimazione per discordanza delle fonti,furono una quindicina i condannati a morte ed altrettanti a pene detentive. Ancora due parole su Filippo Strozzi. La sua era una prigionia dorata,siedeva sempre alla tavola di Alessandro Vitelli,poteva ricevere visite e veniva rifornito di abiti consoni e di ogni altro genere di conforto.Il suo più caro amico,il gentiluomo fiorentino Giuliano Gondi,oltre a visitarlo spesso,perorava la sua causa in giro per l'Europa. La famiglia,in particolare il solito figlio Piero,non erano altrettanto solerti. Quando Piero,al ritorno da una missione ad Adrianapoli - per conto del Re di Francia - seppe che i fratelli Leone e Roberto si erano recati a Barcellona per un abboccamento con Carlo V alfine di perorare la liberazione del padre dietro un ingente riscatto,cosa alla quale l'Imperatore poteva essere interessato,Piero dicevo,tuonò contro questa viltà : << (...) voce indegna di un uomo che abbia sei figlioli,il voler vivere in povertà che morire in ricchezza! >>. Cosimo voleva a tutti i costi Filippo Strozzi.Che sovrano era se non poteva processare un suo suddito che,in arme,aveva cercato di detronizzarlo? Alla fine l'Imperatore acconsentì anche perchè sullo Strozzi si erano addensate delle accuse che fosse lui il mandante dell'assassinio del Duca Alessandro ( cosa assolutamente non vera ma,l'accoglienza e la protezione che il banchiere riservò a Lorenzino,risultavano sospette). Carlo V acconsentì che si processasse il prigioniero ma senza consegnarlo al Duca infatti l'interrogatorio avvenne nella Fortezza alla presenza del nuovo castellano,Giovanni De Luna e Cosimo pretese che fosse presente anche il Senato Fiorentino. Lo Strozzi respinse le accuse anche dopo aver ricevuto alcuni "strappi di corda". Il 18 dicembre 1538 giunse al De Luna l'ordine di Carlo V di consegnare il prigioniero a Cosimo I. Nello stesso giorno il soldato di guardia allo Strozzi,uscì "dimenticandosi" nella cella la propria spada,questi chiuse la cella dall'interno e si squarciò la gola. Si è molto parlato della morte dello Strozzi,ovvero se si trattò di un omicidio o di un suicidio.La spada "dimenticata" fu con ogni probabilità un atto di pietà,forse non del tutto disinteressata,da parte del De Luna nei confronti dell'illustre prigioniero. Filippo Strozzi lasciò una lunga lettera che si chiudeva con la frase : << Exoriare aliquis,ex ossibus meis,mei sanguinis ultor >>.
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